Giochi di società

Introduzione

La collezione di matrici della Galleria Estense di Modena comprende sedici matrici lignee destinate alla stampa di fogli a larga diffusione utilizzati per giochi di società.

Il Gioco dell’oca

Il Gioco dell’oca

Sei legni, realizzati tra il Sei e il Settecento, sono destinati alla stampa del tabellone del Gioco dell’oca, il cui schema e le cui regole sono rimasti sostanzialmente invariati dalla fine del Cinquecento fino ai nostri giorni.
Il Pela il chiù

Il Pela il chiù

Il gioco si basa sulle combinazioni ottenute dal tiro di tre dadi, ogni combinazione corrisponde, oltre che a una vincita (tira) o a una perdita (paga), a una figura scelta per rappresentare mestieri ambulanti, personaggi della commedia dell’arte o della mitologia, oggetti e simboli. Il gioco raggiunge la sua massima diffusione nel XVII.
Il Biribisse

Il Biribisse

Il biribisse fu uno dei giochi d'azzardo di maggiore successo tra il XVII e il XVIII secolo. È costituito da un tabellone numerato sul quale i giocatori puntavano.
Le carte da gioco

Le carte da gioco

Su due legni provenienti dalla raccolta Barelli è raffigurato un mazzo completo di carte a segni italiani (spade, bastoni, coppe, denari), databile al primo quarto del XIX secolo e riconducibile all'area emiliana.

I gettoni da gioco

I gettoni da gioco

I gettoni a stampa erano impiegati in giochi quali il biribisse, il pela il chiù o la tombola e servivano per segnare per le puntate, le vincite o le perdite. Ebbero la massima diffusione nel XVIII secolo.

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La Galleria Estense di Modena conserva un gruppo di sedici matrici lignee destinate alla stampa di fogli a larga diffusione utilizzati per giochi di società. Alcuni di questi, come il Gioco dell’oca o le carte, sono ancora conosciuti, altri, come il Pela il chiù o il Biribisse, sono decaduti nel corso del tempo.

Il Gioco dell’oca

Il nucleo più cospicuo è certamente costituito da sei legni realizzati tra il Sei e il Settecento e destinati alla stampa del tabellone del Gioco dell’oca, il cui schema e le cui regole sono rimasti sostanzialmente invariati dalla fine del Cinquecento fino ai nostri giorni. Lo scopo del gioco, basato sul tiro di due dadi, è raggiungere per primi il centro del tabellone attraverso un percorso a spirale di 63 caselle (mentre oggi sono tendenzialmente 90), immaginato come una strada porticata nella matrice realizzata a Bologna per Pisarri (fig.6, inv. 4628). Alcune caselle recano impresse delle oche, che danno diritto al raddoppio del lancio dei dadi e sono disposte secondo una distanza fissata alternativamente a cinque o a quattro spazi. Su altri riquadri sono invece impressi degli imprevisti (il ponte, l’osteria, il pozzo, il labirinto, la barca e la morte), destinati a rallentare il percorso del concorrente.

Il Pela il chiù

Il gioco si basa sulle combinazioni ottenute dal tiro di tre dadi, tutte visualizzabili sulle due ellissi rappresentate sul tabellone, dove ogni combinazione di dadi corrisponde, oltre che a una vincita (tira) o a una perdita (paga), a una figura scelta per rappresentare mestieri ambulanti, personaggi della commedia dell’arte o della mitologia, oggetti e simboli. La combinazione di tre numeri uguali è detta raffa e sul tabellone corrisponde alla civetta e alla vincita di metà della posta in palio e, nel caso di tre sei, dell’intera posta. Il gioco raggiunge la sua massima diffusione nel XVII secolo, per decadere, soprattutto in Italia, nel XIX, quando viene sostituito da altri giochi d’azzardo ugualmente basati sulla combinazione di dadi, ma di svolgimento più rapido, come ad esempio Gioco della barca. In Olanda e in Belgio, dove è noto come Gioco della civetta, è invece ancora largamente stampato fino al principio del Novecento.

Il Biribisse

Il biribisse, detto anche “biribisso”, “biribiscio”, “gioco reale” o “lotto reale”, fu uno dei giochi d’azzardo di maggiore successo tra il XVII e il XVIII secolo. Era vietato per legge in tutti gli stati italiani, ma dal numero di esemplari noti, tra cui ben tre matrici Soliani, possiamo ritenere che il divieto venisse spesso disatteso. Il gioco cadde in disuso nell’Ottocento, sostituito dalla tombola figurata e dalla roulette.

Sono note moltissime versioni di questo gioco, diverse per gli oggetti rappresentati, (oggetti d’uso comune, frutta, verdura…) e per la loro disposizione sul tabellone.

È costituito da un tabellone numerato (nella parte in alto) sul quale i giocatori puntavano, spesso era accompagnato da quadratini che riprendevano le figure del tabellone e una volta ritagliati venivano estratti (nella parte in basso). Questi bollettini per l’estrazione non erano sempre presenti, infatti potevano essere facilmente sostituiti con dei numeri.

Le carte da gioco

Su due legni Barelli appartenenti alla collezione di matrici della Galleria Estense di Modena è raffigurato un mazzo completo di carte a segni italiani (spade, bastoni, coppe, denari), databile al primo quarto del XIX secolo e riconducibile all’area emiliana.

Dopo la stampa i fogli con le carte venivano colorati con quattro o cinque colori tramite delle maschere e successivamente ritagliati. Il rovescio era stampato da matrici con elementi decorativi e colorato a parte. Si procedeva quindi ad assemblarle, incollando sul verso di ciascuna carta un cartoncino per dare spessore e poi il rovescio che presentava dimensioni maggiori e i cui bordi venivano ripiegati sul recto della carta, a formare una cornice.

In questo mazzo l’asso di denari e il re di bastoni presentano un foro circolare in cui veniva inserito il bollo, il suo importo cambiava a seconda della destinazione d’uso.

I gettoni da gioco

I gettoni a stampa erano la versione più economica di quelli di osso o madreperla ed ebbero la massima diffusione nel XVIII secolo. Venivano spesso colorati tramite delle maschere e composti incollando tra loro i versi di due facce uguali. Erano impiegati in giochi quali il biribisse, il pela il chiù o la tombola e servivano per segnare per le puntate, le vincite o le perdite. Questi gettoni figurati aggiungevano ulteriore divertimento al gioco ed erano spesso accompagnati da proverbi o giochi di parole.